Carissima e stimatissima dottoressa,
sono anni che seguo le sue incredibili performance e debbo dire che moltissimo di ciò che scrive io lo riesco a usare, uso proprio questa parola, nella mia vita e molto mi ha aiutato. Però, mai avrei pensato di trovarmi un giorno a chiederle una mano. Ieri sono stata alla riunione per il primo scrutinio dei ragazzi. Premetto che ho due ragazzi di 9 e 12 anni che vanno uno a scuola 4° elementare l’altro alle medie. Entrambi sono ragazzi svegli, vivaci, ma io e mio marito li abbiamo cresciuti con le regole del rispetto e della coerenza. Proprio per questo spesso ci troviamo a fare delle riunioni familiari quando un membro della nostra famiglia va in crisi o fa qualcosa che non deve. Noi condividiamo tutto, persino le crisi tra me e mio marito perchè, come lei spesso Dottoressa mi conferma attraverso i suoi scritti, la condivisione è importante e unisce i rapporti. Ma oggi sono furibonda. Il preside ha voluto parlarmi perchè pare che durante la ricreazione, Aldo il più piccolo, faccia dei giochi groppo fisici. Si immagini la mia faccia. Gli ho chiesto cosa intendeva per fisici e lui mi ha detto che sono giochi di lotta e contatto. Gli ho chiesto se si erano azzuffati, perchè se fosse stato così sarei stata la prima a prendere mio figlio per le orecchie, ma lui mi disse che non erano botte, o zuffe, ma lotta. Tipo wresling. Ora si immagini come ci sono rimasta male. Ai miei tempi, e ho 45 anni non 70 i maestri se non facevi il compitino ti martellavano sulle nocche delle mani la verga di legno o il righello. Ai miei tempi, se un alunno veniva a scuola con l’occhio pesto non lo guardavano nemmeno. Ora se viene con un livido sul braccio manca poco che ti mandano gli assistenti sociali. Sono felice che la scuola sia così protettiva ma non è esagerata? Mi spieghi lei che è una professionista perchè non ci sto capendo più nulla e cosa devo dire a Aldo? Non giocare con i tuoi amici perchè non si fa?Una madre preoccupata.
Carissima,
grazie per gli apprezzamenti che mi ha evidenziato. Sono felice che questo mia angolo possa essere ritenuto un importante punto di riferimento per tutti quelli che a volte lo leggono con serenità a volte in cerca di risposte. Ciò che lei mi scrive è ricco di spunti interessanti. Ma vorrei invitarti ad una riflessione. Lungi da me l’idea di farvi una critica, anzi da ciò che mi scrive è apprezzabile da parte vostra il coinvolgimento dei vostri figli…. con le “riunioni familiari”. Ottimo termine che fa capire che è importante che la familia sia organizzata e che possa condividere molto anche ascoltando il parere dei figli che debbono essere parte attiva non subordinata. Ma ho scritto quasi tutto. Credo che sia doverosa la condivisione, per le motivazioni da lei evidenziate, ma deve essere limitata. I problemi di coppia, la gestione amministrativa familiare, la gestione delle crisi coniugali ed amministrative familiari, debbono essere non condivise soprattutto quando i figli sono troppo piccoli per potere discernere, capire, analizzare. In questo modo si rischia di farli sentire in colpa, sentimento primario nei i ragazzi sino ai 15 anni, responsabilizzarli troppo e di fare perdere a loro quella speranzosa ingenuità del vivere che serve per la loro maturazione. Giusto quindi condividere, ma i genitori hanno l’obbligo anche di proteggere i propri figli anche e soprattutto durante le crisi, senza fare palesare o trapelare nulla. Detto questo, comprendo perfettamente ciò che mi sta dicendo. Di fatto OMS l’organizzazione mondiale della sanità, non a caso ha stilato un protocollo ben delineato per la salute scolastica che dovrà essere spalmato in tutti gli istituti entro il 2013 (data che francamente ritengo essere troppo ravvicinata) . Tale protocollo evidenzia come gli alunni debbano essere accompagnati ed educati durante la vita scolastica dalla formazione, all’educazione, al dialogo, alla salute civica, all’educazione sessuale, alla gestione delle stress e via discorrendo. Ma leggendo tale protocollo, non vi è scritto da nessuna parte che questo accompagnamento deve essere monolaterale. Ossia Scuola-Alunno. I genitori, ad esempio, rimangono parte fondamentale della vita di ogni scolaro e devono diventare parte integrante del tessuto scolastico. Invece oggi, molte errate conduzioni dirigenziali scolastiche, li vedono come entità problematiche da tagliare fuori, da ostacolare, da penalizzare e da controllare. E’ vero. In passato la scuola era il posto deputato all’insegnamento del ABC, non certo all’educazione, nè al rispetto dei diritti dello scolaro che probabilmente non ne aveva, ma oggi in effetti il troppo protezionismo scolastico da una parte, o il troppo libertinaggio dall’altra, limitano le azioni dei professori che in alcuni casi, non possono nemmeno rimproverare, perché gli alunni hanno troppi diritti, o perché gli alunni mettono in pericolo la stessa vita degli operatori, in altri invece, si esegue un controllo morboso sullo stato delle famiglie concentrandosi sul minacciarle e l’attaccarle qual’ora non rientrassero in “parametri educativi standard”. Parlo ovviamente delle famiglie italiane, perché le istituzioni scolastiche si guardano bene di applicare tali restrizioni a quegli scolari stranieri vessati dai genitori. Con la scusa della diversità culturale li abbandonano. E ce ne sono molti invece dove si dovrebbe intervenire. Ma l’istituzione scolastica oggi non è altri che il riflesso della crisi mondiale a cui stiamo andando in contro anche dal punto di vista della civiltà. Da una parte ci sono istituti troppo protezionistici che danno troppo potere ai giovani, che segnalano al preside se un professore li sanziona rischiando un richiamo, sino ad arrivare a ignorare spacci e atti di violenza e aggregazione teppistica. Dall’altra invece si impedisce, come nel suo caso, persino la lotta tra maschietti durante l’ora della merenda. Tutto ciò alla fine pesa per primo sui ragazzi che crescono completamente disorientati e con orientamenti diversi. Qualcuno cresce con l’idea che piò fare ciò che vuole tanto nessuno dice nulla. Qualcun altro, in un altro istituto, immerso in regole rigide senza spazio creativo e di azione. Entrambi i ruoli educativi sono completamente errati e formano adulti che si relazioneranno in modo errato. O troppo subalterno o arrogante e violento. Inoltre creano danno alle famiglie mettendo in crisi il loro modello educativo, come sta accadendo a lei. Ma da che mondo è mondo le relazioni si acquisiscono con la fisicità, per quanto noi siamo esseri razionali, ci dobbiamo rapportare on gli altri anche mediante la fisicità. Le coccole, le carezze, gli abbracci, la lotta tra maschi determina e cementa le relazioni e lo status. Soprattutto all’età di suo figlio Aldo dove tra maschietti è naturale la lotta se non diventa violenza affinata ad atti di bullismo. La lotta è un attività naturale: “…la lotta è un gioco, è un’azione, o un’occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti definiti di tempo e di spazio, secondo una regola volontariamente assunta e che tuttavia impegna in maniera assoluta; che ha fine in se stessa, accompagnata da un senso di tensione e di gioia e dalla coscienza di essere diversi dalla vita ordinaria.” J. Huizinga ( formazione e sullo sviluppo della cultura mondiale (p.es. sul ruolo del “gioco” quale fattore che crea cultura).
Agli occhi di un inesperto un incontro di lotta può apparire una forma di confronto ben lontana dalla concezione comune di gioco e civile. In parte per il fallace luogo comune che vuole il gioco relegato alle attività fanciullesche (per cui due grandi che lottano non stanno sicuramente giocando), in parte perché le attività ludiche spesso vengono erroneamente limitate unicamente ad attività a rischio nullo o passive. In parte perché molto spesso, quando si fa di un gioco una professione quest’ultimo smette di essere gioco e a dire il vero, in alcuni deprecabili casi, smette di essere anche uno sport. In verità i giochi rispondono a categorie più ampie di quanto si pensi. E la lotta fa parte da sempre, della disciplina giovanile. Ma rimane il fatto che, sociologia a parte, la scuola deve essere solo un luogo come altri in cui i suoi figli imparano, crescono e si relazionano ma in modo propositivo. Non dovete quindi farvi intimorire dinnanzi a scelte che vi sembrano errate. Reagite, formate il consiglio dei genitori e deliberate. Deliberate a favore del diritto al gioco e al confronto. Almeno,per quanto riguarda gli strumenti, oggi anche i genitori possono agire.
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Patrizio Cecconi dice
Dottoressa anche mio figlio è nella stessa situazione ma non per i giochi di merenda ma perchè a scuola non insegnano la disciplina ma li lasciano senza briglie anche troppo lasciare fare fa male come la troppa costrizione e a Milano la droga circola come caramelle io non sono razzista ma da quando si sono riempite le aule di quelli lì la cosa è peggiorata lo stato deve garantirci che i nostri figli studino e non avere paura di andare a scuola per incontrare gentaccia che dovrebbe stare in galera o andare a casa sua
federica dice
Gentile Dottoressa,
la vorrei ringraziare. Ieri c’è stato il consiglio dei
genitori e ho usato quello che lei ha scritto anche citando Huizinga e ho sollevato un bel pò di consensi direi la totalità. Aspettiamo ora che il dirigente scolastico intervenga il preside non è nuovo di certe piazzate. La ringrazio anche per i consigli che ci ha fornito nel coinvolgimento dei figli non si può essere genitori perfetti ma si può sempre migliorare. Grazie di tutto la seguirò come sempre con interesse. Federica.
rosso cardinale dice
man’somma du sbuffetti sulle guanciotte no hanno mai fatto male a nessuno ma che stiamo davvero a scherzà? Ma di dov’è sto preside? Da noi bisogna entrà a scuola con il caterpillar in certi qurtieri mò alle elementari non se pò giocà? Ma che facciamo li mammoletti? Dottoressa mia fortuna che voi scrivete cosa sensate ma dove stamo andando? O mozzarelle o cose da pazzi tipo CSI.!! R.C