Nella vita ci sono situazioni che ci travolgono e che non abbiamo creato noi. A volte possiamo esserne compartecipi, avendo adottato stili di vita che in qualche modo ci portano a minare la nostra salute, innescando delle condizioni che apportano nel tempo cambiamenti fisiologici patologici ad una parte dell’organismo come ad esempio l’utilizzo di alimentazione iperglicidica (zuccheri complessi), alimentazione privativa, fumo, alcool, stile di vita sedentario etc. a volte la vita ci rende protagonisti di una malattia o di una condizione cronica senza averla “cercata”. Eppure anche in queste situazioni ciò che non ci deve mai mancare è l’attenzione sul garantirci la conoscenza di ciò che ci sta accadendo, cercando la strada corretta che possa individuare le cause e di conseguenza la terapia che possa controllare i sintomi, accettando nel frattempo di modificare il nostro stile di vita data la nuova condizione.
Il dolore. Campanello d’ allarme fisiologico
Prima di parlare della paura che viene innescata dalla cronicità del dolore, è rilevante conoscere che cosa è il dolore e di quale tipo di dolore si soffre. Mi piace pensare che il sistema nervoso centrale si comporti come gli allarmi di una macchina. Se un livello è mancante, se una parte del mezzo è disfunzionale parte l’allarme sonoro o si accendono spie che ci avvertono che qualcosa non va; se le spie non vengono controllate in base al problema, l’auto potrebbe cominciare a non funzionare come deve e nel tempo mandare il deficit tutto il sistema.
L’allarme dolore quindi, è necessario per la salvaguardia del nostro organismo e se funziona come deve, dovrebbe essere intenso nella fase acuta, ma durare solo il tempo per avvertire che c’è un problema, agendo tempestivamente per risolverlo. Man mano che il problema si contiene l’ allarme dolore s’ indebolisce d’ intensità fino a spegnersi. Eppure a volte il sistema causa-effetto s’ inceppa, oppure si sono trascurati per molto tempo i campanelli di allarme e il dolore è divenuto persistente. In tal caso l’ allarme continua a suonare con la medesima intensità.
Tipi di dolore
Quindi il dolore è un allarme prodotto dal SNC, in risposta ad alcuni stimoli mandati dai recettori periferici, che abbiamo distribuiti sulla superficie dei nostri organi, pelle compresa (l’apparato tegumentario è di fatto considerato un organo). Queste sentinelle, che hanno compiti diversi, avvertono che quella parte è soggetta ad un insulto, ed in base al tipo di recettori attivati, il sistema nervoso centrale coordina stimoli dolorifici diversi. Ecco che il dolore può essere bruciore, se il recettore attivato è quello termico, può diventare intenso e localizzato se quello attivato è quello barocettorio; oppure diffuso, caldo e infiammatorio se viene attivato il chemiocettore e così via. In base alla neurofisiologia del dolore è possibile comprendere quando un tipo di dolore è causato da un insulto meccanico, neuropatico o misto.
Poi è bene considerare il territorio dove sono disposti questi recettori. Ci sono territori dermatomerici che fra di loro sono collegati creando una mappa specifica. Ciò è importante perchè se fosse attivato un recettore in una parte della mappa, il dolore potrebbe diffondersi anche alla restante. In questi casi il dolore non è localizzato ma diffuso o riferito. Facciamo un esempio. L’Italia è la nostra mappa. Potrei avere male nel Lazio e verificare un problema proprio nel Lazio. Risolvo il problema e il dolore cessa. Questo è il dolore loco-regionale o localizzato. Ma potrei anche avere dolore nel Lazio e tutti gli strumenti di diagnosi e cura non risolvono il mio dolore, perchè la causa è in Campagna, questo tipo di dolore è riflesso. A volte invece nonostante io provi dolore nel Lazio, la causa risiede in Trentino, ancora più lontano. E se non risolvo in Trentino il dolore nel Lazio rimane. In questo caso il dolore è riferito.
Solo la conoscenza della neurofisiologia del dolore e della mappa dermatomerica ci consente di trovare quale parte dell’organismo è danneggiata anche se il dolore viene avvertito da tutt’arta parte.
La paura del dolore quando diventa cronico, da cosa è innescata?
Il dolore è un esperienza che porta sofferenza; tutti coloro che ne soffrono vorrebbero che duri il meno possibile. Tutti nell’arco della nostra vita più o meno intensamente abbiamo avuto esperienza di dolore e tutti sappiamo che una volta trovata la causa e curata il dolore cessa. La paura del dolore s’ innesca quando il dolore non diminuisce. Portando questo stato di sofferenza costante a tormento. Ed il tormento innesca la produzione di sostanze che portano che concorrono a cronicizzare il dolore quali: neuropeptiti (es sostanza P, CGRP, bradichinina), composti azotati (es istamina), interleuchine e citochine infiammatorie (IL1-IL6) etc. che amplificano l’allarme. Ciò porta a:
- Allodinia: avvertire dolore attraverso stimoli che non dovrebbero causarlo, esempio il tocco dei vestiti su una parte del corpo causa dolore
- Iperagesia: il dolore è maggiore rispetto alla causa, esempio il dolore di un pizzicotto viene avvertito come il dolore di uno schiacciamento
- Attivazione: dell’area limbica emotiva che amplifica l’esperienza del dolore tendendo alla catastrofizzazione lo sconforto portando a rassegnazione.
- Sensibilizzazione centrale: il sistema di allarme è sensibilizzato, si è innescato un circolo vizioso l’allarme suona che se l’intruso è una mosca oppure se non v’è l’ intruso
- Sensibilizzazione periferica: alcuni recettori (nocicettori) a seguito di danno o infiammazione prolungati rilasciano peptidi che sensibilizzano le terminazioni sensoriali come la sostanza P e CGRP (peptide vasodilatatore) istamina e 5 Ht (recettore della serotonina) che attivano ancora le fibre nocicettive. Tutto ciò rende il dolore persistente e le cure per gestirlo inefficaci.
Il dolore costante, non responsivo ai farmaci può interferire con il sonno, la mancanza di sonno secondo recenti pubblicazioni, amplifica il dolore del 30%.
Cio’ conduce a depressione e ansia interferendo con le normali attività. I malati possono diventare inattivi, ritirarsi dal punto di vista sociale, possono diventare irascibili e divenire preoccupati per il proprio stato di salute. I disturbi psicologici e sociali possono essere gravi, causando praticamente la completa perdita delle funzioni.
Perchè è fondamentale gestire la paura
Pochi dolori sono inveterati. Si parla di dolori plastici irreversibili. La maggior parte dei dolori cronici e persistenti sussitono poichè la diagnosi o la terapia non ha considerato tutti gli aspetti che possono concorrere alla guarigione. Oggi si possono adottare molte tecniche in grado di controllare e gestire le cause del dolore. Spesso una buona diagnosi differenziale e l’associazione di corrette terapie gestiscono le cause e abbassano intensità frequenza ed area del dolore consentendo al paziente di vivere con serenità. La paura del dolore non aiuta questo procedimento di cura del circolo vizioso tossico che si è instaurato, anzi lo amplifica. Vi sono fattori psicologici che se posseduti o potenziati nel soggetto fanno sì che egli riesca a migliorare l’aspetto limbico. Tra questi i più rilevanti sono: l’ottimismo ovvero la tendenza a fissarsi sui risultati postivi ed i traguardi raggiunti; l’autoefficacia che porta la persona a non arrendersi di fronte agli ostacoli, ad aderire alle prescrizioni e di conseguenza ad apprezzare i risultati di successo; l’accettazione che il percorso di cura è lungo ed avere aspettative realistiche; perchè sia la rassegnazione che le aspettative irrealistiche sono condizioni che portano a frustrazione e non concorrono alla cura.
Dott.ssa Monica Salvi
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